1.- Scrittura e lettura possono considerarsi come le due operazioni elementari,
strettamente connesse fra loro, alle quali un testo si presta, ovvero attorno
alle quali, in relazione alle quali, un testo si costituisce.
Questo è
vero così per la cultura pre-gutenberghiana, come per quella gutenberghiana,
ovvero la cultura della stampa su carta e della carta per stampa, come per
quella o quelle epoche che si sono andate innestando nell’epoca gutenberghiana:
l’epoca elettrica o telegrafica, l’epoca del medium magnetico,
elettrico od elettronico.
1-bis.- Naturalmente, bisognerà definire il concetto di "testo", text: oggetto (object), in un certo senso, trama, tessitura (texture), ecc.; ma questo dovrà emergere nello svolgimento del discorso.
2.-
Secondo una distinzione classica, oggi vacillante, bisognosa di
approfondimento, scrittura in generale è l’istituire un messaggio non
parlato.
Lettura è
invece il riconoscimento logico-interpretativo di qualcosa, di una
informazione, nei termini anche essenzialmente del riconoscimento di un segno o di una serie di segni,
o di una traccia o una serie di tracce, ai quali sia attribuibile un significato. Ma la percezione come elemento della prima è indissociabile dall'essere elemento dell'altra.
2-bis.- Scrittura e lettura sono operazioni essenziali per l’uomo e la sua storia; si
rivelano come mezzo congeniale alla rappresentazione storica dell’uomo, ovvero
al racconto, laddove si ha racconto - e in ciò storia, dato storico - a causa
di tracce e della semplice esistenza di un segno grafico. Con il seguente
valore, essenziale: difficile rappresentarsi il rapporto fra Dio e uomo,
difficile concepire il rapporto politico (fra governanti e governati),
difficile più essenzialmente concepire una memoria dell’umanità, senza pensare scrittura e lettura. Tutto o quasi della vicenda umana sembra dipendere da
questo, quasi si citassero, per giustificare le proprie azioni, sempre nella
vita quotidiana versetti della Bibbia.
E in
gioco vi è incessantemente la paideìa, ovvero la formazione.
3.- Ciò
che rende possibile il rapporto vivo fra queste due funzioni od operazioni
umane è quel differimento nel tempo, quella temporalizzazione,
quel differre o dilazionare nel tempo (quel tentativo forse di
plasmare il o giocare con il tempo) che dà luogo alla produzione di (una)
memoria.
Questo differre in
quanto comprendente il tempo (temporeggiamento, prendere il tempo, spostare
come un oggetto in uno spazio il tempo) è stato accostato, ma solo accostato e
forse non ancora identificato, nella storia recente del pensiero, allo
spaziamento/non-spaziamento delle parole, con il loro valore posizionale (le
nostre attuali battute, termine che l’informatica viene ad ereditare dalla
scrittura a macchina). Nel che vi è l’idea di spazio. Ma molto dipende dal fatto:
che la scrittura è oggetto.
Ciò che
si ha dunque nella scrittura-e-lettura è la spazio-temporalità.
4.- La
produzione di memoria è la inscriptio di un messaggio in un
supporto adibito alla sua conservazione; essa dunque vuole il suo medium:
il carattere essenziale e definitorio di un medium è dato
dalla possibilità che attraverso esso si ha di conservare o perpetuare in
memoria.
Il
termine medium è entrato nell’uso comune del linguaggio
valendo ad emancipare espressivamente culturalmente il mezzo dalla concezione
strumentale della tecnica in generale (Simmel ad esempio vedeva nei progressi
dell’illuminazione dalle lampade ad olio all’acetilene niente più che la
possibilità che fosse permesso di vedere meglio); vuole dare cioè a quello che
era semplice mezzo o «strumento per» una sua autonomia ed importanza[1].
Tale
emancipazione è avvenuta nel ventesimo secolo grazie al contributo dato dalla
psico-sociologia della comunicazione di McLuhan e dalla filosofia heideggeriana
negli sviluppi che ad essa sono stati dati da interpreti autorevoli quali Hans
Gadamer e Jacques Derrida.
5.-
McLuhan, adducendo l’esempio della luce e della elettricità, ha asserito che il medium è il messaggio[2] per
dare essenzialmente autonomia al medium, per introdurre al suo
stesso tentativo di mostrare in modo convincente come il contenente sia
importante almeno quanto il contenuto e come il mezzo influenzi chi lo
utilizza.
Il
discorso si estende e trova verifica nei concetti espressi da Rifkin, per cui
l’alimentazione fa l’uomo, ovvero i popoli. Esso è un discorso generale di
antropologia; nel quale la nozione di oggetto, in un mondo-tempo nel quale la materia si trasforma e si moltiplica e l'uomo a sua volta è anche nel bene oggetto, sembra muovere verso una portata universale.
5-bis.-
Il medium a rigore però non è propriamente il messaggio, perché la
distinzione, la differenza fra l’uno e l’altro non può essere negata: il
messaggio ha in sé anche qualcosa di non immediatamente fisico. Anche se tutto
materialmente viene trasportato, o trasmesso. Non lo è per il semplice fatto
che la fisicità del trasporto e del suo mezzo se se ne parla è anche per
circoscrivere, determinare il discorso.
A
prescindere comunque dal fatto che esso possa essere identificato con il
messaggio, il medium è importante. Esso mostra di avere una potenzialità
in grado di trasformare o confutare le concettuologie e le nostre immagini e
tavole mentali della rappresentazione.
Ad
esempio: prima dell’epoca dei supporti magnetici, atti a ricevere per
registrarla la voce, vigeva nella sfera della comune rappresentazione della
cosa la distinzione netta fra messaggio parlato (la comunicazione cosiddetta
«orale») e messaggio scritto. Dopo, con la nascita dei nastri magnetici e
dei disks, è emersa, con l’unità pienamente raggiunta fra il
parlato e la scrittura, la possibilità effettiva di scrivere parlando, mediante
l’utilizzo dei registratori, dei dittafoni, dei programmi di voice
recognition.
6.- Che
il medium non sia propriamente il messaggio lo si può
sostenere così come si può sostenere che un fatto è la comunicazione, altro
fatto è la parola scritta e dunque lo stesso messaggio di scrittura: a meno che
non s’intenda ricondurre ogni questione a una teoria universale dell’effetto (quoad
effectum).
Questo si
trova espresso nella teoria dei «movimenti non semantici» per cui non si
comunica necessariamente e solamente un senso umanamente
interpretabile ed in sé stesso completo, ovvero per cui si può comunicare un
movimento[3]. Per cui insomma, al di là del significato
che si comunica con il messaggio, inteso in modo simmeliano, vi è il fatto in
sé della comunicazione (ovvero la comunicazione accade) e vi è il comunicare sé
stesso, in un modo incisivo, non insignificante, del mezzo di comunicazione.
6-bis.-
L’apparato della cultura umanistica e con esso la cultura gutenberghiana come
il suo riferimento alla scrittura-e-lettura, al cospetto di questa teoria,
entra in una sua fase storica di crisi. L’umanismo, considerato sotto il
profilo della scrittura-e-lettura, viene a definirsi e delimitarsi come logocentrismo.
Laddove
alla parola logos si può associare il significato di
esclusività semantica della comunicazione, nel quale tutto il fenomeno della
comunicazione si risolverebbe; oppure anche forse il senso normativo che si può
cogliere nel legame fra le parole greche logos e légein.
7.- La
scrittura, per una sensibilità teorica adusa al medium elettronico,
o comunque con questo in qualche modo allineata, si presenta sempre più
come evento e sempre meno come monumento. È un
modo di dire ma efficace.
La
scrittura diviene sempre più cioè messaggio (message), vista nell’ottica
di una rete globale di comunicazione, che ad essa preesiste, e sempre meno come
un’opera destinata a celebrare la figura dell’Autore.
Secondo
sempre tale sensibilità (quasi per una coerenza nel senso) l’evento di
scrittura è condizionato da quello di lettura molto più di quanto comunemente
non si creda: scrittura e lettura sono legate non semplicemente da un vincolo
di susseguenza, per cui la seconda viene dopo la prima, la seconda vuole la
prima quale suo presupposto; ma da un vincolo di contestualità
strutturale. Secondo questa teoria la lettura è costitutiva della
scrittura, per cui nello scrivere è già scritto (anche, in generale) il poter
leggere.
Per cui
la scrittura in altri termini racchiude in sé una predisposizione comunicativa.
Così quella su carta come quella elettronica.
8.-
L’eventualità della scrittura per quelli che sono gli aspetti rivelantisi nel
contesto della crisi dell’umanismo si sposa con quella che potremmo definire
come teoria della macchina riproduttiva del
messaggio.
Secondo
tale teoria, scrivendo si produce un che di oggettivo, che ha in sé, per sua
costituzione, la capacità di trasmettere e ritrasmettere messaggi. Si ha dunque
una entità di scrittura: che è «una sorta di macchina produttrice a
sua volta»[4]; o si ha nel pensiero di McLuhan, in forza
del principio cui egli dà risalto della ripetibilità, che il libro, essendo prodotto
da macchine, diviene esso stesso una macchina.
Nel libro
si perpetua e si materializza qualcosa che ad esso è dato dalla macchina (a
stampa), che l’ha prodotto.
8-bis.-
Se proviamo a fondere, con riguardo alla teoria della macchina, il pensiero di
Derrida con quello di McLuhan, otteniamo l’emergere di due aspetti
caratteristici: quello della (a) differenza o della differenziazione tra
uomo e scrittura in quanto struttura comunicativa e quello della (b)
iterazione o della ripetibilità come potenziale ma necessaria prestazione
del medium.
Secondo
il primo dei due aspetti la teoria della macchina comporta che il messaggio si
distacca dal messaggero, ovvero allo stesso tempo, per le medesime ragioni,
esso si costituisce potendo prescindere dall’emittente come dal lettore.
Il che
segna, nella considerazione delle cose, il distacco del messaggio dal suo
autore. Potendosi considerare il messaggero come un’allegoria.
8-ter.-
L’emancipazione del messaggio dal messaggero è stata riscontrata da McLuhan
in Understanding Media con riferimento al dato di fatto,
storico, che con la telegrafia l’informazione divenne «movimento
d’informazione»[5], ovvero il messaggio poteva viaggiare
a una velocità notevolmente superiore a quella del tradizionale messaggero a
cavallo o di mezzi di comunicazione o trasporto come il treno o l’aereo nei
quali ancora vigeva il riferimento antropologico o al territorio.
Ma il
medesimo concetto e meglio l’anàlogon, in fondo viene espresso, con
riferimento specifico alla scrittura, da Derrida, in opere quali La
différance e Firma evento contesto; laddove si dice che la
leggibilità è aspetto costitutivo della scrittura, che essa è insita nella
struttura stessa della scrittura, essendo assicurata nei termini per cui è
prevista la morte non solo dell’emittente-autore, ma anche quella del
destinatario[6]. Non è che insomma dopo la mia morte
resteranno i miei scritti, ma ciò avviene già prima, nel fatto stesso e momento
che io ho scritto un’opera.
8-quater.-
Per quanto riguarda il secondo dei due aspetti il concetto di ripetibilità e di
bene o merce ripetibile nella dottrina luhaniana emerge come un aspetto di
capitale importanza.
Analogamente,
in un messaggio scritto vi è iterazione (Derrida) cioè si
attua, si concretizza, la possibilità di ripetere sempre lo stesso o medesimo
messaggio, a più destinatari e/o più volte. Essendo il destinatario sempre più
potenziale (per essere chiunque, in un qualsiasi tempo) che reale, presente,
effettivo.
Laddove
la iteratio non è solamente l’effetto rispetto a una causa ma
come a sua volta qualcosa di strutturale rispetto al messaggio.
La
differenza tra i due è nel differente grado di umanismo. L’emittente del
decostruzionismo consente la trasposizione di qualcosa avvenuto nella storia
nel rapporto fra uomo e scrittura nel suo momento genetico.
9.- La
contestualità strutturale è però tale per cui la scrittura (quale atto o gesto
che precede nel tempo, che fa séguito alla intenzione, all’animus, atto
inerente l’azione di per sé stessa) conserva una sua priorità.
Si
conserva, attraverso o nonostante la evoluzione del medium, non
solo questa vicinanza o prossimità all’intenzione, ma anche il valore della
materialità più o meno meccanica di un gesto.
Quando si
parla di scrittura si parla infatti di manualità. Considerata,
questa, come l’impatto dell’uomo, attraverso il suo strumento primario di
comunicazione con il mondo esterno, la mano, con le cose. Per dire che la
scrittura evoca sempre questo impatto.
10.-
L’idea di manualità si è mostrata molto forte e resistente: essa è stata colta
dall’antica filosofia greca e si è perpetuata sino ed entro la vicenda
elettronica e digitale.
Questo
molto attraverso l’idea di comando, di programmazione, ecc.
Ma, oltre
che in questo, nell’orientamento all’uomo, che è quell’indirizzo che ha preso
piede nello studio e sviluppo delle possibilità d’interazione. Ad esempio
nella emulazione di un gesto essenziale, attraverso la sua trasposizione in un
ambiente diverso per natura. Di un ambiente diverso da quello naturale.
La manualità
infatti nella nostra esperienza ordinaria di personal computing viene
celebrata, perpetuata, attraverso l’azionamento del mouse; per cui
questa nuova manualità nel suo realismo consente all’uomo di entrare e muoversi
entro un piano di lavoro, nello spazio rappresentativo del cosiddetto desktop (scrivania,
tavolo) come rappresentazione delle possibilità di azione. Uno spatium artificiale
volto a ricostituire in un ambiente o in un mode del quale non
si sia perfettamente coscienti l’agire con coscienza, la prossimità della
coscienza all’azione.
E si può
pensare anche, in termini analoghi, al senso della meccanizzazione del braccio
(che potenzia l’uso della mano) nella robotica.
11.- Ma
forse il linguaggio e così la fantasia sopravanzano la reale possibilità.
Infatti così per questo suo modo generale di essere, la parola scrittura si
estende, e si conserva attraverso i tempi, anche per definire azioni che non
sono evidentemente scritturali.
Ciò in
base a una regola generale, per cui la scrittura rinvia ad una economia
generale dell’azione.
Scrittura e lettura possono considerarsi anche, nel nostro comune intendimento, come le due
operazioni essenziali alle quali, soprattutto sotto l’impulso della cultura
post-gutenberghiana, tante altre possono ricondursi. In questo esse subiscono
una sorta di idealizzazione.
12.- La
scrittura, già nella sua dimensione gutenberghiana, laddove essa si è tradotta
in stampa, viene a raggiungere in questo un suo livello di astrazione, si
tramuta in idea, presentandosi quasi come azione umana per
eccellenza, quell’azione nella quale più azioni possano riconoscersi come
azioni, o traccia di azioni, tipicamente umane: dipingere, fare una inscriptio su
pietra, scrivere un libro, scrivere musica, comporre un messaggio; scrivere il
diritto. Un’azione che in qualche misura trascende l'oggetto (il suo «che
cosa») o il medium (il mezzo su cui avviene), che pure avevano
ai fini di quell’azione una loro importanza.
Johann Gutenberg |
Oggi si
crede o almeno così si dice, che anche le macchine leggono e scrivono.
13.- Dal
romanzo all’aforisma al saggio si scrive cercando di trascrivere il nostro
innato umanismo, anche nel contesto di un’epoca elettronica.
La forte
identificazione di scrittura ed umanità si era dimostrata congeniale, e l’aveva
costruita, alla esperienza e cultura umanistica, celebrativa cioè dell’uomo, di
ciò che distingue l’uomo dagli animali, celebrativa di concetti importanti
come coscienza, logica, ecc.
Ma la
questione non attiene solo all’umanismo e piuttosto essa investe l’epoca
moderna.
L’umanismo
nel suo operato si presenta storicamente ed assiologicamente come un’opera di
sintesi ed evidenziazione di queste due operazioni (scrittura e lettura) come
operazioni dell’uomo: un’opera di ricostituzione di memoria. Il che è avvenuto
essenzialmente attraverso un lavoro sulle scritture o comunque testimonianze
considerate o costruite come documenti.
13-bis.-
L’umanismo in quanto uscita dal medioevo si è preoccupato, come mai prima di
allora era avvenuto, di garantire il ripristino e la perpetuazione nella
memoria di ciò che è umano, riconducibile all’uomo, accogliendo in sé ogni
elemento culturale che venisse dal passato, essenzialmente greco e latino. Esso
ha selezionato, storicamente, tali elementi, appropriandosene, mediante un
lavoro critico di ricostruzione storica.
È su
questa linea che l’illuminismo e il romanticismo si possono pensare come fasi
successive dell’umanismo: esse possono essere ritenute epoche di
scrittura-e-lettura, perché con essi, con il loro fare essenzialmente opera di
letteratura, si è definitivamente affermata la figura dell’Autore, come l'Uomo, che è al centro dell'universo. E perché
soprattutto con il romanticismo si è venuta consolidando quella grande opera di
perpetuazione nella memoria attraverso la creazione delle memorie nazionali,
facenti capo cioè alla traduzione dello Stato moderno in moderno Stato
nazionale.
Di
umanismo si può così parlare come di qualcosa che si è consolidato,
approfondendosi ed affinandosi nella sua unità, attraverso una serie
significativa di atti storici riguardanti scrittura e lettura.
Per
l’umanismo così inteso, secondo una diagnosi filosofica che ha preso piede, e
quella stessa che si considera qui importante per poter avviare un discorso
di comprensione della scrittura elettronica, l’uomo in quanto Autore si pone al
centro dell’universo. Ovvero tutto è riconducibile o a uno stato di coscienza
oppure alla «teoria della conoscenza»[8].
In altre
parole: se si ammette l’identità fra epoca moderna, invenzione della stampa e
mito tardo-illuministico e romantico dell’Autore, si può interpretare
umanisticamente ogni trattato e teoria generale (penso ai Locke, ai Condillac,
agli Hume, ai Berkeley) sulla conoscenza umana, ovvero sull’apprendimento.
Se
leggere è vedere, ogni esperienza che passi attraverso l’uso dell’organo della
vista per essere recepita come sequenza o stock di dati
empirici, ha bisogno della lettura, allora il leggere rinvia al come
dell’apprendimento: ai sensi, alle percezioni, ecc.
Quei
trattati si sono mostrati in fondo funzionali all’epoca gutenberghiana più di
quanto comunemente non sia comprensibile. Ma essi di più si sono mostrati funzionali
a quanto di profondamente scritturale si era conservato e potenziato nella
invenzione della stampa.
La
critica dell’umanismo insito in termini di conclusione o dogma in questi
trattati nasce e si svolge in un contesto culturale in senso generale che è il
contesto in cui si affacciano alla esperienza umana gli strumenti di cultura
elettronica. I quali anche si prestano ad essere vissuti, utilizzati,
interpretati, soprattutto nel campo della comunicazione, con quegli strumenti
cognitivi che sono stati prodotti dalla cultura umanistica; forse è ragionevole
che così avvenga per il progresso della comprensione, o forse ciò che così
avviene è solo il preludio di altro che avverrà.
14.-
L’aspetto della trascendenza dell'azione rispetto al medium ha
trovato il suo suggello e si è accentuato con l'avvento del medium elettronico
- ciò è avvenuto in un modo tale per cui ci si è avveduti che il medium è
determinante.
Da una
parte quindi si è avuta una evoluzione dal punto di vista ideale (la scrittura
per come essa significa ed è rappresentata), dall’altra, poiché questo è un
affinamento, qualcosa «destinato a», tale evoluzione è stata determinata dalla
evoluzione del mezzo.-
Con
l’avvento del medium elettronico si nota che variando il medium si
ha il travaso o trasferimento della possibilità di azione su un altro piano;
qui si riuniscono varie possibilità di scrittura ed in ciò varie possibilità di
azione come azione comunicativa - in spazi nuovi: nella interazione e nel mezzo
elettronico - nuova forma o condizione dell’azione: non solo scrivere o
dipingere, ma anche stampare, imprimere, calcolare.
È quindi
come se nel medium elettronico venisse ripresa una condizione
ideale (la nostra molteplice rappresentazione della scrittura) e questa fosse
tradotta in possibilità nuova ed effettiva; è come se in esso avvenisse una
materializzazione, una entificazione e una unificazione di possibilità che
prima, sul piano dell’azione effettiva (lo scrivere, il dipingere, ecc.), erano
tenute separate.
Si
concretizzano cioè con il medium elettronico, e bisognerebbe
dire meglio «digitale», quelle che erano forme ideali legate al principio della
scrittura. Sino a giungere alla ipertestualità ed alla multimedialità, le quali
sono modi o condizioni che consentono di rendere perfettamente contestuale ogni
possibilità di scrittura e di comunicazione.
15.- Scrittura e lettura s’inscrivono necessariamente in rapporti d’interazione.
Non si
può parlare di interazione, nel senso che qui a noi interessa (in cui
escluderei per ora il rapporto il dialogo interumano, intraumano, e quello fra
dispositivi), se non in un contesto di domanda-risposta, azione-reazione, quale
è consentito solo dal rapporto dialogico causato da una macchina. La
interazione avviene in certo senso a causa della macchina intelligente (cioè in
grado di apprendere, comprendere, elaborare dati in proprio; provocare risposte
globali sull’uomo e la sua intelligenza); mostrarla, la interazione, perché
elemento costitutivo.
Allo
stesso tempo il concetto d’interattività presuppone la presenza e l’intervento
logico, oltre che manuale e pratico, dell’uomo. La interattività vuole cioè
l’uomo quale presupposto.
Negroponte
parla d'interattività fra oggetti, ad esempio fra un frigorifero ed un
televisore; ma ancora noi qui consideriamo la interattività come quella fra
l'uomo e la macchina.
Si
potrebbe anche applicare al concetto una immagine di Heidegger laddove egli
dice «l’uomo interviene nel senso che egli è provocato ad impiegare
l’impiegabile»[9]. Laddove vi sia, in sostituzione
dell’uomo e connotandone la presenza, in ogni tipo di servomeccanismo, la
volontà dell’uomo di controllare il funzionamento delle macchine.
15-bis.-
Su questa base e con riferimento qui a macchine complesse ed intelligenti, scrittura e lettura, nella interazione, consentono almeno quattro possibilità di
rapporto:
a) che
l’uomo scriva e la macchina legga, ovvero che ogni azione umana sia tale per
cui la macchina e meglio i programmi che la fanno funzionare (di sistema ed
applicativi) siano nella condizione, o siano tali, per cui essi interpretino il
messaggio umano; il che quindi dovrà avvenire in primis al
momento della programmazione (soprattutto al momento della creazione di un
sistema operativo);
b) che
l’uomo scriva e legga, ovvero che ad ogni sua azione di scrittura (input)
corrisponda una sua (altrettale) possibilità di lettura dei risultati di
elaborazione del computer (output);
c) che la
macchina scriva e l’uomo legga, ovvero che la macchina produca un output interpretabile
dal punto di vista umano: un output a video (la pagina di un testo, in un
certo formato, un documento qualsiasi), una stampa su carta, ecc.;
d) che la
macchina scriva e legga, ovvero che essa in base alla
lettura-e-interpretazione, o ricognizione, di comandi esegua certe operazioni
piuttosto che altre, o che essa legga qualcosa da lei stessa scritto, un’azione
precedentemente eseguita, ed in base a questo continui nel suo lavoro. Ad
esempio il leggere-e-scrivere quale si svolge nelle comuni operazioni di
deframmentazione dei dischi.
15-ter.-
La grande novità introdotta dall’epoca elettronica è che lettura e scrittura
non sono più una prerogativa dell’essere umano: in qualsiasi contesto di azione
un computer è come se leggesse e scrivesse e a modo suo lo fa; uno scanner ad
esempio per funzionare legge e scrive.
Anche la
macchina dunque, grazie alla sua intelligenza, legge e scrive. Alle volte il sistema o
il software avverte quando lo fa; esso, come avvisa su
un loading (un caricare in memoria) oppure su un converting (caricamento
di un file con altro formato), così esso avverte che sta
svolgendo opera di writing e/o di reading.
Ovvero in
generale un sistema per avviarsi e funzionare deve leggere: la vecchia
lezioncina dei files «system.sys» e «autoexec.bat», posti elle
versioni di DOS, in avvio (bootstrap) nel funzionamento della macchina.
15-quater.-
Ma non è propriamente solo questo il punto saliente, che qui interessa far
notare.
Infatti,
è l’unità di azione che viene in evidenza. L’interazione sta a significare
un’azione comune fra uomo e macchina che, in quanto riconoscibile come azione
di scrittura-e-lettura in varie modalità, ha una sua unità e che supera, in
questo suo essere unità, il valore degli interlocutori in quanto individui
separati. Essa dunque non è il semplice dialogo.
15-quinquies.-
L’interattività con inerenza al profilo della cooperazione fra uomo e macchina,
può essere considerata con riferimento ad una sua caratteristica che può anche
presentarsi come una sua possibile definizione. Dicendo questo con riferimento
al momento operativo.
L’interattività
infatti può essere presa in considerazione come il rapporto quantitativo fra
ciò che l’uomo, l’operatore, fa e ciò che il software può e sa
fare in sostituzione della mano d’opera umana.
Meglio:
il rapporto quantitativo fra quella opera di lettura-e-scrittura che la
macchina in un contesto operativo può fare e quelle che invece si risolvono in
un intervento umano.
Si può
così indurre la macchina (il programma) ad eseguire operazioni che sono opere
di scrittura e lettura attivando una "macro" (sequenza di ordini o comandi in uno).
Il che
avviene sostanzialmente agendo sulla gestione della memoria; es.: richiamo dati
precedentemente inseriti.
16.-
Nasce con l’informatica in generale un nuovo contesto di azione: viene
realizzata, si fa cosa, l’idea stessa di contesto. Si ha entificazione del
contesto.
Il nuovo
principio che si afferma con riferimento al contesto è che il contesto è e non
è. Ovvero: il contesto elettronico-digitale esiste, ma allo stresso tempo,
proprio perché il contesto si realizza nel medium digitale,
allora questo significa che esso non è contesto, non è contesto quanto meno nel
senso letterario della parola. Si ha l’idea o impressione di un contesto a
causa di qualcosa di non contestuale che la possibilizza.
17.-
Nell’informatica si può scrivere un testo come si può scrivere una banca-dati,
come si può scrivere un programma, come si può scrivere un comando: ad esempio
una nuova collocazione dei files sullo Hard Disk. Tutto
insomma, per quella idealizzazione della quale si diceva, è scrivibile (ovvero
anche deletabile, riscrivibile, ecc. ).
17-bis.-
Scrivibile nella medialità elettronica digitale equivale dunque a deletabile,
riscrivibile, registrabile, ecc.: l’una azione condivide qualcosa di essenziale
dell’altra.
Se
deletare è come scrivere, allora il medium è come prendesse
possesso della traccia, come se potesse disporne a suo piacimento. Almeno
questa è la sua estrema possibilità.
Vi è
qualcosa nella scrittura di questo tipo per cui la traccia si mostra labile.
Nel senso che non ha più quella solidità o robustezza che aveva nell’epoca
gutenberghiana.
È stato
scritto anche a questo proposito che la scrittura elettronica ha una natura
comunicativa. Per dire della labilità del segno si può dire che l’informatica è
(consiste in una) costante trasformazione, per cui manca un centro,
un referente; e che essa in questo dà atto di qualcosa che è nel dire (Derrida)
che non vi sono unità originarie di discorso, ma conflitti.
Nella
scrittura-e-lettura elettronica le lettere, i caratteri, le parole, mostrano
una loro disgregazione. Il discorso mostra di non avere nulla a che fare con la
continuità o con l’unità della parola, del lemma, che è in qualche modo
apparente; ma di essere costruito sulla cesura.
La
spazializzazione mostra lo spazio e l’indifferenza dello spazio.
Per
questo e per altri versi si può ritenere che l’esperienza della scrittura
elettronica sia la condizione di pensabilità, di ripensabilità dell’esperienza
scritturale su carta. Quando ci troviamo al cospetto di lezioni come quella
derridiana, nel loro carattere distruttivo o decostruttivo, abbiamo questa
sensazione.
17-ter.-
Nella scrittura-e-lettura elettronica è possibile vedere qualcosa che non
esiste in quanto scritto, mettiamo un file che non ha ricevuto
nome (questo si rende possibile ad esempio quando si memorizza una pagina video
come semplice immagine, potendo poi richiamare tale immagine con un certo
formato prestabilito, e dunque vederla, copiarla, stamparla) quando in altre
parole si può operare nella fase intermedia (contesto B) fra la
visualizzazione della pagina da un contesto A (di origine) e
la stampa su carta (cosiddetto print-screen).
18.- La
scrittura elettronica è un complesso di operazioni che si pongono solitamente
in un modo continuativo rispetto alle nostre comuni esperienze di scriptura.
Così si scrive un file come si scriveva un messaggio, una
lettera, un document, un testo scientifico o letterario, ovvero: si
scrive una lettera, un messaggio, ecc., adoperando per questo il software adeguato,
essenzialmente software di scrittura, detto editor,
o processore di parole (word processor).
19.- Ma
in tutto questo si ha un rivivere l’esperienza scritturale dell’umanismo e
dell’epoca gutenberghiana, come costruzione di esperienza nella interazione.
Si può
sostenere che questo fatto non esclude e piuttosto vi rientra, come parte, il
fatto che l’esperienza informatica in quanto tale sia una esperienza di scrittura.
Non solo
perché i programmi sono riducibili a pure esperienze di scrittura, e lo stesso
dicasi per la compilazione di un modulo. Ma anche perché questo modo di
scrivere è nuovo a causa del medium (non più statico ma
dinamico, ecc.) e data l’importanza del medium (ciò su cui si
scrive, ciò che serve a trasmettere la propria scrittura, è, anche, ciò che si
scrive) in questo modo è una nuova esperienza di riscrittura globale.
Io
riscrivo materialmente ad es. La divina commedia, ma soprattutto io
riscrivo riscrivendo, riscrivo la scrittura, a causa del fatto che muta
il medium.
L’informatica
insomma - come è indicato in fondo nel fatto che certa filosofia l’abbia presa
a pretesto per riportare il discorso sulla scrittura alla sua essenza - ha la
virtù, o la capacità, ad essa connaturata, di ricondurre la scrittura alla sua
essenza sia pure - si obietterà - fenomenica.
E questa
sua virtù è confermata dal fatto che essa ha ricondotto a ricongiungersi alla
esperienza scritturale anche l’esperienza pittorica o in generale
raffigurativa. Per non parlare di quella musicale.
20.- Con
riferimento all’informatica noi diciamo scrittura-e-lettura ma lo diciamo
antropomorficamente, senza sapere esattamente che cosa diciamo.
Diciamo
una cosa per l’altra, con mentalità analogica, servendoci della spiccata
attitudine a pensare in modo analogico.
Scrittura e lettura,
dunque, possono essere considerate come due momenti di riferimento umano per
ciò che, nel campo editoriale, avviene nel dominio della tecnologia
elettronica.
Essi
dunque possono costituire lo strumento o chiave d’interpretazione, in senso
umano, non solo dal punto di vista stesso del computer, di tutte quelle opere
che in questi tempi si vengono affacciando nel mondo editoriale. Tutto
questo sul piano della interazione.
Esiste
dunque un legame vivo e vitale del microprocessore come evoluzione dello hardware,
scrittura e comuicazione. Il che riconduce tutto il discorso alla possibilità
tecnica.
21.- La
scrittura inoltre incide sulla memoria: più un software è
scritto ed in questo suo rendere attiva la scrittura esso gira, lavora, più la
memoria è impegnata. Questo si nota nella evoluzione dei microprocessori.
Si vede
come la evoluzione dei microprocessori corrisponda anche in modo necessario a
un incremento della esperienza di scrittura con il nuovo medium. Ad
una espansione del fenomeno di scrittura-e-lettura nel modo elettronico (ad
iniziare dalla scrittura di programmi). (Sembra di poter dire a questo punto
che nella scrittura elettronica quella del programma è la condizione originaria
ed essenziale; che la scrittura è anche previsione di scrittura, volontà,
attesa, controllo; che vi è un momento nella scrittura in cui si passa dal
nulla al tutto e che scrivere un programma indica come la scrittura abbia
bisogno di una scrittura originaria, quanto meno logica, o potenziale.)
22.- Che
una banca-dati si legga e si scriva significa una serie di cose: 1.- scrivere i
tracciati di programmazione, sviluppare programmi in base a linguaggi ad hoc. È ammissibile questo perché ad esempio i tracciati di
programmazione, trasposti sul medium carta, possono formare un
volume di centinaia e centinaia se non migliaia di pagine. E se ne potrebbe trarre ad esempio,
volendolo pubblicare, un libro segnico da sfogliare; 2.- scrivere le tabelle,
i files o quelle banche fungibili come tools ai
fini della possibilità operativa; 3.- scrivere o compilare i documenti.
Scrivere
tutto questo in maniera tale che tutto sia riconoscibile e leggibile da parte
del software; scritto dunque nel modo appropriato e in modo tale
che il programma nella lettura-interpretazione che effettua legga e traduca e
ritraduca nella maniera voluta dall’uomo.
23.-
Nella informatica la scrittura viene ricondotta al suo alveo naturale, che è
l’azione, legata all'animus; o l'interiorità che diviene oggetto. La scrittura diviene così attiva; essa non si pone come conclusione
di un’opera, ma come comandi che sono stati scritti o compilati per dare vita
ad azioni successive.
24.-
Scrivere e leggere è anche copiare o duplicare, speculando sul richiamo alla
memoria.
La storia dei copisti insegna che copiare significa riproducibilità della scrittura in base a un suo formato e alla standardizzazione dei caratteri di scrittura (ciò che mette continuità fra la copistica medievale e umanistica e stampa a caratteri mobili). Significa che la scrittura nell'èra di Gutenberg diviene divisibile, frammentabile all’infinito e che, a causa di quel non molto che la distanzia dal nulla, si può lavorare e pensare in base alla sua unità minima di esistenza, e cioè prima il segno, poi la littera, quindi il frammento: questo lo si desume bene dalle tesi di Derrida; laddove esse fungono da ricongiungimento di più epoche, nonostante le diversità.
La storia dei copisti insegna che copiare significa riproducibilità della scrittura in base a un suo formato e alla standardizzazione dei caratteri di scrittura (ciò che mette continuità fra la copistica medievale e umanistica e stampa a caratteri mobili). Significa che la scrittura nell'èra di Gutenberg diviene divisibile, frammentabile all’infinito e che, a causa di quel non molto che la distanzia dal nulla, si può lavorare e pensare in base alla sua unità minima di esistenza, e cioè prima il segno, poi la littera, quindi il frammento: questo lo si desume bene dalle tesi di Derrida; laddove esse fungono da ricongiungimento di più epoche, nonostante le diversità.
25.- Il
significato di documento non allude più al documento come testimonianza o prova
del passato; ma si è attualizzato, venendo a significare qualsiasi unità di
scrittura. Frammento e documento sono confinanti, quanto meno.
Il
discorso sul documento (document) viene necessariamente a inscriversi in
questo quadro. Il documento (non solo nel suo essere entità mnemonica) è
qualcosa che si scrive e si legge. È qualcosa che fa parte della verità della
comunicazione; risente profondamente della evoluzione del medium.
26.-
Scrittura è anche correzione; ad esempio il software quando
corregge è perché legge (e scrive).
La
correzione automatica rientra nella fenomenologia generale del controllo, che è
caratteristica della strumentazione software dell’informatica. Essa deve tenere
conto, in linea generale, dei lapsus di scrittura. In
relazione, molto, con il fenomeno della stanchezza e della ripetibilità della
medesima azione.
Considerando
come almeno tendenzialmente l’errore scritturale corrisponda con il lapsus
della parola: ad esempio la inversione consonantica (che è da considerare il
sintomo più debole e controllabile).
Ci si
attiene per questo alla osservazione e rilevazione di frequenza del fenomeno
dell’errore.
Nascono
così files in formato di tabella - e comunque batches -
di correzione.
26-bis.-
Quelle di correzione automatica esulano dal regime d’interattività - per come
almeno abbiamo dichiarato di volerla prendere in considerazione - con
l’operatore-user.
Ma se ne
possono compilare anche di interattive, le quali chiedano conferma in chiave di
scelta all’utente prima di attuare la volontà inscritta nel comando.
Tali sono
quelle di word per windows, le quali possono avere
a loro volta una o due fasi in più, rispetto a quelle automatiche. Fasi che si
manifestano in box di dialogo con posizione di quesiti
ulteriori (come accade nel mondo del personal computing), oppure
in beep di avvertimento-allarme e richiesta di conferma, come
accade in programmi o mondi in cui l’interfaccia non presenta i vantaggi della
grafica computerizzata.
27.- A
proposito della ripetibilità della scrittura come ripetibilità generale si
può dire che una base di dati con riferimento alla fase dell’input,
mette in luce un principio: che una banca-dati sono più banche e meglio
più basi di dati. E qui si ripresenta con i suoi significati e implicazioni il
rapporto posto centralmente da Derrida: fra testo e frammento. Che cosa è un
testo; ma qui il testo è un che di attivo, in un certo modo.
Siffatto
profilo, per evidenziarsi soprattutto con riguardo al lavoro dell’operatore
di input, riveste particolare importanza con riferimento alla
affidabilità e alla capacità delle banche componenti di supportare il lavoro
dell’input. Consultazione, verifica, inserimento dei dati.
Dunque
che una banca-dati sia più banche o basi di dati significa che essa è in ogni
momento scomponibile per sua natura in più banche. Laddove scrittura sono
questo o quel complesso di data, utilizzabile qui e là. È
confermata una regola che sembra inossidabile: scrittura sono dati minimi
sviluppabili, con elaborazioni variamente utilizzabili o applicabili.
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