giovedì 5 settembre 2013

Postille a uno scritto su “scrittura (e lettura)”




1.- Scrittura e lettura possono considerarsi come le due operazioni elementari, strettamente connesse fra loro, alle quali un testo si presta, ovvero attorno alle quali, in relazione alle quali, un testo si costituisce.
Questo è vero così per la cultura pre-gutenberghiana, come per quella gutenberghiana, ovvero la cultura della stampa su carta e della carta per stampa, come per quella o quelle epoche che si sono andate innestando nell’epoca gutenberghiana: l’epoca elettrica o telegrafica, l’epoca del medium magnetico, elettrico od elettronico. 

1-bis.- Naturalmente, bisognerà definire il concetto di "testo", text: oggetto (object), in un certo senso, trama, tessitura (texture), ecc.; ma questo dovrà emergere nello svolgimento del discorso. 


2.- Secondo una distinzione classica, oggi vacillante, bisognosa di approfondimento, scrittura in generale è l’istituire un messaggio non parlato.
Lettura è invece il riconoscimento logico-interpretativo di qualcosa, di una informazione, nei termini anche essenzialmente del riconoscimento di un segno o di una serie di segni, o di una traccia o una serie di tracce, ai quali sia attribuibile un significato. Ma la percezione come elemento della prima è indissociabile dall'essere elemento dell'altra. 


2-bis.- Scrittura e lettura sono operazioni essenziali per l’uomo e la sua storia; si rivelano come mezzo congeniale alla rappresentazione storica dell’uomo, ovvero al racconto, laddove si ha racconto - e in ciò storia, dato storico - a causa di tracce e della semplice esistenza di un segno grafico. Con il seguente valore, essenziale: difficile rappresentarsi il rapporto fra Dio e uomo, difficile concepire il rapporto politico (fra governanti e governati), difficile più essenzialmente concepire una memoria dell’umanità, senza pensare scrittura e lettura. Tutto o quasi della vicenda umana sembra dipendere da questo, quasi si citassero, per giustificare le proprie azioni, sempre nella vita quotidiana versetti della Bibbia. 
E in gioco vi è incessantemente la paideìa, ovvero la formazione.


3.- Ciò che rende possibile il rapporto vivo fra queste due funzioni od operazioni umane è quel differimento nel tempo, quella temporalizzazione, quel differre o dilazionare nel tempo (quel tentativo forse di plasmare il o giocare con il tempo) che dà luogo alla produzione di (una) memoria.
Questo differre in quanto comprendente il tempo (temporeggiamento, prendere il tempo, spostare come un oggetto in uno spazio il tempo) è stato accostato, ma solo accostato e forse non ancora identificato, nella storia recente del pensiero, allo spaziamento/non-spaziamento delle parole, con il loro valore posizionale (le nostre attuali battute, termine che l’informatica viene ad ereditare dalla scrittura a macchina). Nel che vi è l’idea di spazio. Ma molto dipende dal fatto: che la scrittura è oggetto.
Ciò che si ha dunque nella scrittura-e-lettura è la spazio-temporalità.


4.- La produzione di memoria è la inscriptio di un messaggio in un supporto adibito alla sua conservazione; essa dunque vuole il suo medium: il carattere essenziale e definitorio di un medium è dato dalla possibilità che attraverso esso si ha di conservare o perpetuare in memoria.
Il termine medium è entrato nell’uso comune del linguaggio valendo ad emancipare espressivamente culturalmente il mezzo dalla concezione strumentale della tecnica in generale (Simmel ad esempio vedeva nei progressi dell’illuminazione dalle lampade ad olio all’acetilene niente più che la possibilità che fosse permesso di vedere meglio); vuole dare cioè a quello che era semplice mezzo o «strumento per» una sua autonomia ed importanza[1].
Tale emancipazione è avvenuta nel ventesimo secolo grazie al contributo dato dalla psico-sociologia della comunicazione di McLuhan e dalla filosofia heideggeriana negli sviluppi che ad essa sono stati dati da interpreti autorevoli quali Hans Gadamer e Jacques Derrida.


5.- McLuhan, adducendo l’esempio della luce e della elettricità, ha asserito che il medium è il messaggio[2] per dare essenzialmente autonomia al medium, per introdurre al suo stesso tentativo di mostrare in modo convincente come il contenente sia importante almeno quanto il contenuto e come il mezzo influenzi chi lo utilizza.
Il discorso si estende e trova verifica nei concetti espressi da Rifkin, per cui l’alimentazione fa l’uomo, ovvero i popoli. Esso è un discorso generale di antropologia; nel quale la nozione di oggetto, in un mondo-tempo nel quale la materia si trasforma e si moltiplica e l'uomo a sua volta è anche nel bene oggetto, sembra muovere verso una portata universale. 


File:Escribano.jpg5-bis.- Il medium a rigore però non è propriamente il messaggio, perché la distinzione, la differenza fra l’uno e l’altro non può essere negata: il messaggio ha in sé anche qualcosa di non immediatamente fisico. Anche se tutto materialmente viene trasportato, o trasmesso. Non lo è per il semplice fatto che la fisicità del trasporto e del suo mezzo se se ne parla è anche per circoscrivere, determinare il discorso.
A prescindere comunque dal fatto che esso possa essere identificato con il messaggio, il medium è importante. Esso mostra di avere una potenzialità in grado di trasformare o confutare le concettuologie e le nostre immagini e tavole mentali della rappresentazione.
Ad esempio: prima dell’epoca dei supporti magnetici, atti a ricevere per registrarla la voce, vigeva nella sfera della comune rappresentazione della cosa la distinzione netta fra messaggio parlato (la comunicazione cosiddetta «orale») e messaggio scritto. Dopo, con la nascita dei nastri magnetici e dei disks, è emersa, con l’unità pienamente raggiunta fra il parlato e la scrittura, la possibilità effettiva di scrivere parlando, mediante l’utilizzo dei registratori, dei dittafoni, dei programmi di voice recognition.


6.- Che il medium non sia propriamente il messaggio lo si può sostenere così come si può sostenere che un fatto è la comunicazione, altro fatto è la parola scritta e dunque lo stesso messaggio di scrittura: a meno che non s’intenda ricondurre ogni questione a una teoria universale dell’effetto (quoad effectum).
Questo si trova espresso nella teoria dei «movimenti non semantici» per cui non si comunica necessariamente e solamente un senso umanamente interpretabile ed in sé stesso completo, ovvero per cui si può comunicare un movimento[3]. Per cui insomma, al di là del significato che si comunica con il messaggio, inteso in modo simmeliano, vi è il fatto in sé della comunicazione (ovvero la comunicazione accade) e vi è il comunicare sé stesso, in un modo incisivo, non insignificante, del mezzo di comunicazione.


6-bis.- L’apparato della cultura umanistica e con esso la cultura gutenberghiana come il suo riferimento alla scrittura-e-lettura, al cospetto di questa teoria, entra in una sua fase storica di crisi. L’umanismo, considerato sotto il profilo della scrittura-e-lettura, viene a definirsi e delimitarsi come logocentrismo.
Laddove alla parola logos si può associare il significato di esclusività semantica della comunicazione, nel quale tutto il fenomeno della comunicazione si risolverebbe; oppure anche forse il senso normativo che si può cogliere nel legame fra le parole greche logos e légein.


7.- La scrittura, per una sensibilità teorica adusa al medium elettronico, o comunque con questo in qualche modo allineata, si presenta sempre più come evento e sempre meno come monumento. È un modo di dire ma efficace.
La scrittura diviene sempre più cioè messaggio (message), vista nell’ottica di una rete globale di comunicazione, che ad essa preesiste, e sempre meno come un’opera destinata a celebrare la figura dell’Autore.
Secondo sempre tale sensibilità (quasi per una coerenza nel senso) l’evento di scrittura è condizionato da quello di lettura molto più di quanto comunemente non si creda: scrittura e lettura sono legate non semplicemente da un vincolo di susseguenza, per cui la seconda viene dopo la prima, la seconda vuole la prima quale suo presupposto; ma da un vincolo di contestualità strutturale. Secondo questa teoria la lettura è costitutiva della scrittura, per cui nello scrivere è già scritto (anche, in generale) il poter leggere.
Per cui la scrittura in altri termini racchiude in sé una predisposizione comunicativa. Così quella su carta come quella elettronica.


8.- L’eventualità della scrittura per quelli che sono gli aspetti rivelantisi nel contesto della crisi dell’umanismo si sposa con quella che potremmo definire come teoria della macchina riproduttiva del messaggio.
Secondo tale teoria, scrivendo si produce un che di oggettivo, che ha in sé, per sua costituzione, la capacità di trasmettere e ritrasmettere messaggi. Si ha dunque una entità di scrittura: che è «una sorta di macchina produttrice a sua volta»[4]; o si ha nel pensiero di McLuhan, in forza del principio cui egli dà risalto della ripetibilità, che il libro, essendo prodotto da macchine, diviene esso stesso una macchina.
Nel libro si perpetua e si materializza qualcosa che ad esso è dato dalla macchina (a stampa), che l’ha prodotto.


8-bis.- Se proviamo a fondere, con riguardo alla teoria della macchina, il pensiero di Derrida con quello di McLuhan, otteniamo l’emergere di due aspetti caratteristici: quello della (a) differenza o della differenziazione tra uomo e scrittura in quanto struttura comunicativa e quello della (b) iterazione o della ripetibilità come potenziale ma necessaria prestazione del medium.
Secondo il primo dei due aspetti la teoria della macchina comporta che il messaggio si distacca dal messaggero, ovvero allo stesso tempo, per le medesime ragioni, esso si costituisce potendo prescindere dall’emittente come dal lettore.
Il che segna, nella considerazione delle cose, il distacco del messaggio dal suo autore. Potendosi considerare il messaggero come un’allegoria.


8-ter.- L’emancipazione del messaggio dal messaggero è stata riscontrata da McLuhan in Understanding Media con riferimento al dato di fatto, storico, che con la telegrafia l’informazione divenne «movimento d’informazione»[5], ovvero il messaggio poteva viaggiare a una velocità notevolmente superiore a quella del tradizionale messaggero a cavallo o di mezzi di comunicazione o trasporto come il treno o l’aereo nei quali ancora vigeva il riferimento antropologico o al territorio.
Ma il medesimo concetto e meglio l’anàlogon, in fondo viene espresso, con riferimento specifico alla scrittura, da Derrida, in opere quali La différance e Firma evento contesto; laddove si dice che la leggibilità è aspetto costitutivo della scrittura, che essa è insita nella struttura stessa della scrittura, essendo assicurata nei termini per cui è prevista la morte non solo dell’emittente-autore, ma anche quella del destinatario[6]. Non è che insomma dopo la mia morte resteranno i miei scritti, ma ciò avviene già prima, nel fatto stesso e momento che io ho scritto un’opera.


8-quater.- Per quanto riguarda il secondo dei due aspetti il concetto di ripetibilità e di bene o merce ripetibile nella dottrina luhaniana emerge come un aspetto di capitale importanza.
La stampa a caratteri mobili avendo introdotto il bene cosiddetto ripetibile  è la produzione in serie, ovvero il suo inizio storico[7].
Analogamente, in un messaggio scritto vi è iterazione (Derrida) cioè si attua, si concretizza, la possibilità di ripetere sempre lo stesso o medesimo messaggio, a più destinatari e/o più volte. Essendo il destinatario sempre più potenziale (per essere chiunque, in un qualsiasi tempo) che reale, presente, effettivo.
Laddove la iteratio non è solamente l’effetto rispetto a una causa ma come a sua volta qualcosa di strutturale rispetto al messaggio.
La differenza tra i due è nel differente grado di umanismo. L’emittente del decostruzionismo consente la trasposizione di qualcosa avvenuto nella storia nel rapporto fra uomo e scrittura nel suo momento genetico.


9.- La contestualità strutturale è però tale per cui la scrittura (quale atto o gesto che precede nel tempo, che fa séguito alla intenzione, all’animus, atto inerente l’azione di per sé stessa) conserva una sua priorità.
Si conserva, attraverso o nonostante la evoluzione del medium, non solo questa vicinanza o prossimità all’intenzione, ma anche il valore della materialità più o meno meccanica di un gesto.
Quando si parla di scrittura si parla infatti di manualità. Considerata, questa, come l’impatto dell’uomo, attraverso il suo strumento primario di comunicazione con il mondo esterno, la mano, con le cose. Per dire che la scrittura evoca sempre questo impatto.


10.- L’idea di manualità si è mostrata molto forte e resistente: essa è stata colta dall’antica filosofia greca e si è perpetuata sino ed entro la vicenda elettronica e digitale.
Questo molto attraverso l’idea di comando, di programmazione, ecc.
Ma, oltre che in questo, nell’orientamento all’uomo, che è quell’indirizzo che ha preso piede nello studio e sviluppo delle possibilità d’interazione.  Ad esempio nella emulazione di un gesto essenziale, attraverso la sua trasposizione in un ambiente diverso per natura. Di un ambiente diverso da quello naturale.
La manualità infatti nella nostra esperienza ordinaria di personal computing viene celebrata, perpetuata, attraverso l’azionamento del mouse; per cui questa nuova manualità nel suo realismo consente all’uomo di entrare e muoversi entro un piano di lavoro, nello spazio rappresentativo del cosiddetto desktop (scrivania, tavolo) come rappresentazione delle possibilità di azione. Uno spatium artificiale volto a ricostituire in un ambiente o in un mode del quale non si sia perfettamente coscienti l’agire con coscienza, la prossimità della coscienza all’azione.
E si può pensare anche, in termini analoghi, al senso della meccanizzazione del braccio (che potenzia l’uso della mano) nella robotica.


11.- Ma forse il linguaggio e così la fantasia sopravanzano la reale possibilità. Infatti così per questo suo modo generale di essere, la parola scrittura si estende, e si conserva attraverso i tempi, anche per definire azioni che non sono evidentemente scritturali.
Ciò in base a una regola generale, per cui la scrittura rinvia ad una economia generale dell’azione.
Scrittura e lettura possono considerarsi anche, nel nostro comune intendimento, come le due operazioni essenziali alle quali, soprattutto sotto l’impulso della cultura post-gutenberghiana, tante altre possono ricondursi. In questo esse subiscono una sorta di idealizzazione.


12.- La scrittura, già nella sua dimensione gutenberghiana, laddove essa si è tradotta in stampa, viene a raggiungere in questo un suo livello di astrazione, si tramuta in idea, presentandosi quasi come azione umana per eccellenza, quell’azione nella quale più azioni possano riconoscersi come azioni, o traccia di azioni, tipicamente umane: dipingere, fare una inscriptio su pietra, scrivere un libro, scrivere musica, comporre un messaggio; scrivere il diritto. Un’azione che in qualche misura trascende l'oggetto (il suo «che cosa») o il medium (il mezzo su cui avviene), che pure avevano ai fini di quell’azione una loro importanza.
Johann Gutenberg
Oggi si crede o almeno così si dice, che anche le macchine leggono e scrivono.


13.- Dal romanzo all’aforisma al saggio si scrive cercando di trascrivere il nostro innato umanismo, anche nel contesto di un’epoca elettronica.
La forte identificazione di scrittura ed umanità si era dimostrata congeniale, e l’aveva costruita, alla esperienza e cultura umanistica, celebrativa cioè dell’uomo, di ciò che distingue l’uomo dagli animali, celebrativa di concetti importanti come coscienza, logica, ecc.
Ma la questione non attiene solo all’umanismo e piuttosto essa investe l’epoca moderna.
L’umanismo nel suo operato si presenta storicamente ed assiologicamente come un’opera di sintesi ed evidenziazione di queste due operazioni (scrittura e lettura) come operazioni dell’uomo: un’opera di ricostituzione di memoria. Il che è avvenuto essenzialmente attraverso un lavoro sulle scritture o comunque testimonianze considerate o costruite come documenti.


13-bis.- L’umanismo in quanto uscita dal medioevo si è preoccupato, come mai prima di allora era avvenuto, di garantire il ripristino e la perpetuazione nella memoria di ciò che è umano, riconducibile all’uomo, accogliendo in sé ogni elemento culturale che venisse dal passato, essenzialmente greco e latino. Esso ha selezionato, storicamente, tali elementi, appropriandosene, mediante un lavoro critico di ricostruzione storica.
È su questa linea che l’illuminismo e il romanticismo si possono pensare come fasi successive dell’umanismo: esse possono essere ritenute epoche di scrittura-e-lettura, perché con essi, con il loro fare essenzialmente opera di letteratura, si è definitivamente affermata la figura dell’Autore, come l'Uomo, che è al centro dell'universo. E perché soprattutto con il romanticismo si è venuta consolidando quella grande opera di perpetuazione nella memoria attraverso la creazione delle memorie nazionali, facenti capo cioè alla traduzione dello Stato moderno in moderno Stato nazionale.
Di umanismo si può così parlare come di qualcosa che si è consolidato, approfondendosi ed affinandosi nella sua unità, attraverso una serie significativa di atti storici riguardanti scrittura e lettura. 
Per l’umanismo così inteso, secondo una diagnosi filosofica che ha preso piede, e quella stessa che si considera qui importante per poter avviare un discorso di comprensione della scrittura elettronica, l’uomo in quanto Autore si pone al centro dell’universo. Ovvero tutto è riconducibile o a uno stato di coscienza oppure alla «teoria della conoscenza»[8].
In altre parole: se si ammette l’identità fra epoca moderna, invenzione della stampa e mito tardo-illuministico e romantico dell’Autore, si può interpretare umanisticamente ogni trattato e teoria generale (penso ai Locke, ai Condillac, agli Hume, ai Berkeley) sulla conoscenza umana, ovvero sull’apprendimento.
Se leggere è vedere, ogni esperienza che passi attraverso l’uso dell’organo della vista per essere recepita come sequenza o stock di dati empirici, ha bisogno della lettura, allora il leggere rinvia al come dell’apprendimento: ai sensi, alle percezioni, ecc.
Quei trattati si sono mostrati in fondo funzionali all’epoca gutenberghiana più di quanto comunemente non sia comprensibile. Ma essi di più si sono mostrati funzionali a quanto di profondamente scritturale si era conservato e potenziato nella invenzione della stampa.
La critica dell’umanismo insito in termini di conclusione o dogma in questi trattati nasce e si svolge in un contesto culturale in senso generale che è il contesto in cui si affacciano alla esperienza umana gli strumenti di cultura elettronica. I quali anche si prestano ad essere vissuti, utilizzati, interpretati, soprattutto nel campo della comunicazione, con quegli strumenti cognitivi che sono stati prodotti dalla cultura umanistica; forse è ragionevole che così avvenga per il progresso della comprensione, o forse ciò che così avviene è solo il preludio di altro che avverrà.


14.- L’aspetto della trascendenza dell'azione rispetto al medium ha trovato il suo suggello e si è accentuato con l'avvento del medium elettronico - ciò è avvenuto in un modo tale per cui ci si è avveduti che il medium è determinante.
Da una parte quindi si è avuta una evoluzione dal punto di vista ideale (la scrittura per come essa significa ed è rappresentata), dall’altra, poiché questo è un affinamento, qualcosa «destinato a», tale evoluzione è stata determinata dalla evoluzione del mezzo.-
Con l’avvento del medium elettronico si nota che variando il medium si ha il travaso o trasferimento della possibilità di azione su un altro piano; qui si riuniscono varie possibilità di scrittura ed in ciò varie possibilità di azione come azione comunicativa - in spazi nuovi: nella interazione e nel mezzo elettronico - nuova forma o condizione dell’azione: non solo scrivere o dipingere, ma anche stampare, imprimere, calcolare. 
È quindi come se nel medium elettronico venisse ripresa una condizione ideale (la nostra molteplice rappresentazione della scrittura) e questa fosse tradotta in possibilità nuova ed effettiva; è come se in esso avvenisse una materializzazione, una entificazione e una unificazione di possibilità che prima, sul piano dell’azione effettiva (lo scrivere, il dipingere, ecc.), erano tenute separate.
Si concretizzano cioè con il medium elettronico, e bisognerebbe dire meglio «digitale», quelle che erano forme ideali legate al principio della scrittura. Sino a giungere alla ipertestualità ed alla multimedialità, le quali sono modi o condizioni che consentono di rendere perfettamente contestuale ogni possibilità di scrittura e di comunicazione.


15.- Scrittura e lettura s’inscrivono necessariamente in rapporti d’interazione.
Non si può parlare di interazione, nel senso che qui a noi interessa (in cui escluderei per ora il rapporto il dialogo interumano, intraumano, e quello fra dispositivi), se non in un contesto di domanda-risposta, azione-reazione, quale è consentito solo dal rapporto dialogico causato da una macchina. La interazione avviene in certo senso a causa della macchina intelligente (cioè in grado di apprendere, comprendere, elaborare dati in proprio; provocare risposte globali sull’uomo e la sua intelligenza); mostrarla, la interazione, perché elemento costitutivo.
Allo stesso tempo il concetto d’interattività presuppone la presenza e l’intervento logico, oltre che manuale e pratico, dell’uomo. La interattività vuole cioè l’uomo quale presupposto.
Negroponte parla d'interattività fra oggetti, ad esempio fra un frigorifero ed un televisore; ma ancora noi qui consideriamo la interattività come quella fra l'uomo e la macchina.
Si potrebbe anche applicare al concetto una immagine di Heidegger laddove egli dice «l’uomo interviene nel senso che egli è provocato ad impiegare l’impiegabile»[9]. Laddove vi sia, in sostituzione dell’uomo e connotandone la presenza, in ogni tipo di servomeccanismo, la volontà dell’uomo di controllare il funzionamento delle macchine.


15-bis.- Su questa base e con riferimento qui a macchine complesse ed intelligenti, scrittura e lettura, nella interazione, consentono almeno quattro possibilità di rapporto:
a) che l’uomo scriva e la macchina legga, ovvero che ogni azione umana sia tale per cui la macchina e meglio i programmi che la fanno funzionare (di sistema ed applicativi) siano nella condizione, o siano tali, per cui essi interpretino il messaggio umano; il che quindi dovrà avvenire in primis al momento della programmazione (soprattutto al momento della creazione di un sistema operativo);
b) che l’uomo scriva e legga, ovvero che ad ogni sua azione di scrittura (input) corrisponda una sua (altrettale) possibilità di lettura dei risultati di elaborazione del computer (output);
c) che la macchina scriva e l’uomo legga, ovvero che la macchina produca un output interpretabile dal punto di vista umano: un output  a video (la pagina di un testo, in un certo formato, un documento qualsiasi), una stampa su carta, ecc.;
d) che la macchina scriva e legga, ovvero che essa in base alla lettura-e-interpretazione, o ricognizione, di comandi esegua certe operazioni piuttosto che altre, o che essa legga qualcosa da lei stessa scritto, un’azione precedentemente eseguita, ed in base a questo continui nel suo lavoro. Ad esempio il leggere-e-scrivere quale si svolge nelle comuni operazioni di deframmentazione dei dischi.


15-ter.- La grande novità introdotta dall’epoca elettronica è che lettura e scrittura non sono più una prerogativa dell’essere umano: in qualsiasi contesto di azione un computer è come se leggesse e scrivesse e a modo suo lo fa; uno scanner ad esempio per funzionare legge e scrive.
Anche la macchina dunque, grazie alla sua intelligenza, legge e scrive. Alle volte il sistema o il software avverte quando lo fa; esso, come avvisa su un loading (un caricare in memoria) oppure su un converting (caricamento di un file con altro formato), così esso avverte che sta svolgendo opera di writing e/o di reading.
Ovvero in generale un sistema per avviarsi e funzionare deve leggere: la vecchia lezioncina dei files «system.sys» e «autoexec.bat», posti elle versioni di DOS, in avvio (bootstrap) nel funzionamento della macchina.


15-quater.- Ma non è propriamente solo questo il punto saliente, che qui interessa far notare.
Infatti, è l’unità di azione che viene in evidenza. L’interazione sta a significare un’azione comune fra uomo e macchina che, in quanto riconoscibile come azione di scrittura-e-lettura in varie modalità, ha una sua unità e che supera, in questo suo essere unità, il valore degli interlocutori in quanto individui separati. Essa dunque non è il semplice dialogo.


15-quinquies.- L’interattività con inerenza al profilo della cooperazione fra uomo e macchina, può essere considerata con riferimento ad una sua caratteristica che può anche presentarsi come una sua possibile definizione. Dicendo questo con riferimento al momento operativo.
L’interattività infatti può essere presa in considerazione come il rapporto quantitativo fra ciò che l’uomo, l’operatore, fa e ciò che il software può e sa fare in sostituzione della mano d’opera umana.
Meglio: il rapporto quantitativo fra quella opera di lettura-e-scrittura che la macchina in un contesto operativo può fare e quelle che invece si risolvono in un intervento umano.
Si può così indurre la macchina (il programma) ad eseguire operazioni che sono opere di scrittura e lettura attivando una "macro" (sequenza di ordini o comandi in uno).
Il che avviene sostanzialmente agendo sulla gestione della memoria; es.: richiamo dati precedentemente inseriti.


16.- Nasce con l’informatica in generale un nuovo contesto di azione: viene realizzata, si fa cosa, l’idea stessa di contesto. Si ha entificazione del contesto.
Il nuovo principio che si afferma con riferimento al contesto è che il contesto è e non è. Ovvero: il contesto elettronico-digitale esiste, ma allo stresso tempo, proprio perché il contesto si realizza nel medium digitale, allora questo significa che esso non è contesto, non è contesto quanto meno nel senso letterario della parola. Si ha l’idea o impressione di un contesto a causa di qualcosa di non contestuale che la possibilizza.


17.- Nell’informatica si può scrivere un testo come si può scrivere una banca-dati, come si può scrivere un programma, come si può scrivere un comando: ad esempio una nuova collocazione dei files sullo Hard Disk. Tutto insomma, per quella idealizzazione della quale si diceva, è scrivibile (ovvero anche deletabile, riscrivibile, ecc. ).


17-bis.- Scrivibile nella medialità elettronica digitale equivale dunque a deletabile, riscrivibile, registrabile, ecc.: l’una azione condivide qualcosa di essenziale dell’altra.
Se deletare è come scrivere, allora il medium è come prendesse possesso della traccia, come se potesse disporne a suo piacimento. Almeno questa è la sua estrema possibilità.
Vi è qualcosa nella scrittura di questo tipo per cui la traccia si mostra labile. Nel senso che non ha più quella solidità o robustezza che aveva nell’epoca gutenberghiana.
È stato scritto anche a questo proposito che la scrittura elettronica ha una natura comunicativa. Per dire della labilità del segno si può dire che l’informatica è (consiste in una) costante trasformazione, per cui manca un centro, un referente; e che essa in questo dà atto di qualcosa che è nel dire (Derrida) che non vi sono unità originarie di discorso, ma conflitti.
Nella scrittura-e-lettura elettronica le lettere, i caratteri, le parole, mostrano una loro disgregazione. Il discorso mostra di non avere nulla a che fare con la continuità o con l’unità della parola, del lemma, che è in qualche modo apparente; ma di essere costruito sulla cesura.
La spazializzazione mostra lo spazio e l’indifferenza dello spazio.
Per questo e per altri versi si può ritenere che l’esperienza della scrittura elettronica sia la condizione di pensabilità, di ripensabilità dell’esperienza scritturale su carta. Quando ci troviamo al cospetto di lezioni come quella derridiana, nel loro carattere distruttivo o decostruttivo, abbiamo questa sensazione.


17-ter.- Nella scrittura-e-lettura elettronica è possibile vedere qualcosa che non esiste in quanto scritto, mettiamo un file che non ha ricevuto nome (questo si rende possibile ad esempio quando si memorizza una pagina video come semplice immagine, potendo poi richiamare tale immagine con un certo formato prestabilito, e dunque vederla, copiarla, stamparla) quando in altre parole si può operare nella fase intermedia (contesto B) fra la visualizzazione della pagina da un contesto A (di origine) e la stampa su carta (cosiddetto print-screen).


18.- La scrittura elettronica è un complesso di operazioni che si pongono solitamente in un modo continuativo rispetto alle nostre comuni esperienze di scriptura. Così si scrive un file come si scriveva un messaggio, una lettera, un document, un testo scientifico o letterario, ovvero: si scrive una lettera, un messaggio, ecc., adoperando per questo il software adeguato, essenzialmente software di scrittura, detto editor, o processore di parole (word processor).


19.- Ma in tutto questo si ha un rivivere l’esperienza scritturale dell’umanismo e dell’epoca gutenberghiana, come costruzione di esperienza nella interazione.
Si può sostenere che questo fatto non esclude e piuttosto vi rientra, come parte, il fatto che l’esperienza informatica in quanto tale sia una esperienza di scrittura.
Non solo perché i programmi sono riducibili a pure esperienze di scrittura, e lo stesso dicasi per la compilazione di un modulo. Ma anche perché questo modo di scrivere è nuovo a causa del medium (non più statico ma dinamico, ecc.) e data l’importanza del medium (ciò su cui si scrive, ciò che serve a trasmettere la propria scrittura, è, anche, ciò che si scrive) in questo  modo è una nuova esperienza di riscrittura globale.
Io riscrivo materialmente ad es. La divina commedia, ma soprattutto io riscrivo riscrivendo, riscrivo la scrittura, a causa del fatto che muta il medium.
L’informatica insomma - come è indicato in fondo nel fatto che certa filosofia l’abbia presa a pretesto per riportare il discorso sulla scrittura alla sua essenza - ha la virtù, o la capacità, ad essa connaturata, di ricondurre la scrittura alla sua essenza sia pure - si obietterà - fenomenica.
E questa sua virtù è confermata dal fatto che essa ha ricondotto a ricongiungersi alla esperienza scritturale anche l’esperienza pittorica o in generale raffigurativa. Per non parlare di quella musicale.


20.- Con riferimento all’informatica noi diciamo scrittura-e-lettura ma lo diciamo antropomorficamente, senza sapere esattamente che cosa diciamo.
Diciamo una cosa per l’altra, con mentalità analogica, servendoci della spiccata attitudine a pensare in modo analogico.
Scrittura e lettura, dunque, possono essere considerate come due momenti di riferimento umano per ciò che, nel campo editoriale, avviene nel dominio della tecnologia elettronica.
Essi dunque possono costituire lo strumento o chiave d’interpretazione, in senso umano, non solo dal punto di vista stesso del computer, di tutte quelle opere che in questi tempi si vengono affacciando nel mondo editoriale.  Tutto questo sul piano della interazione.
Esiste dunque un legame vivo e vitale del microprocessore come evoluzione dello hardware, scrittura e comuicazione. Il che riconduce tutto il discorso alla possibilità tecnica.


21.- La scrittura inoltre incide sulla memoria: più un software è scritto ed in questo suo rendere attiva la scrittura esso gira, lavora, più la memoria è impegnata. Questo si nota nella evoluzione dei microprocessori.
Si vede come la evoluzione dei microprocessori corrisponda anche in modo necessario a un incremento della esperienza di scrittura con il nuovo medium. Ad una espansione del fenomeno di scrittura-e-lettura nel modo elettronico (ad iniziare dalla scrittura di programmi). (Sembra di poter dire a questo punto che nella scrittura elettronica quella del programma è la condizione originaria ed essenziale; che la scrittura è anche previsione di scrittura, volontà, attesa, controllo; che vi è un momento nella scrittura in cui si passa dal nulla al tutto e che scrivere un programma indica come la scrittura abbia bisogno di una scrittura originaria, quanto meno logica, o potenziale.)


22.- Che una banca-dati si legga e si scriva significa una serie di cose: 1.- scrivere i tracciati di programmazione, sviluppare programmi in base a linguaggi ad hoc. È ammissibile questo perché ad esempio i tracciati di programmazione, trasposti sul medium carta, possono formare un volume di centinaia e centinaia se non migliaia di pagine. E se ne potrebbe trarre ad esempio, volendolo pubblicare, un libro segnico da sfogliare; 2.- scrivere le tabelle, i files o quelle banche fungibili come tools ai fini della possibilità operativa; 3.- scrivere o compilare i documenti.
Scrivere tutto questo in maniera tale che tutto sia riconoscibile e leggibile da parte del software; scritto dunque nel modo appropriato e in modo tale che il programma nella lettura-interpretazione che effettua legga e traduca e ritraduca nella maniera voluta dall’uomo.


23.- Nella informatica la scrittura viene ricondotta al suo alveo naturale, che è l’azione, legata all'animus; o l'interiorità che diviene oggetto. La scrittura diviene così attiva; essa non si pone come conclusione di un’opera, ma come comandi che sono stati scritti o compilati per dare vita ad azioni successive.


24.- Scrivere e leggere è anche copiare o duplicare, speculando sul richiamo alla memoria. 
La storia dei copisti insegna che copiare significa riproducibilità della scrittura in base a un suo formato e alla standardizzazione dei caratteri di scrittura (ciò che mette continuità fra la copistica medievale e umanistica e stampa a caratteri mobili). Significa che la scrittura nell'èra di Gutenberg diviene divisibile, frammentabile all’infinito e che, a causa di quel non molto che la distanzia dal nulla, si può lavorare e pensare in base alla sua unità minima di esistenza, e cioè prima il segno, poi la littera, quindi il frammento: questo lo si desume bene dalle tesi di Derrida; laddove esse fungono da ricongiungimento di più epoche, nonostante le diversità. 


25.- Il significato di documento non allude più al documento come testimonianza o prova del passato; ma si è attualizzato, venendo a significare qualsiasi unità di scrittura. Frammento e documento sono confinanti, quanto meno.
Il discorso sul documento (document) viene necessariamente a inscriversi in questo quadro. Il documento (non solo nel suo essere entità mnemonica) è qualcosa che si scrive e si legge. È qualcosa che fa parte della verità della comunicazione; risente profondamente della evoluzione del medium.


26.- Scrittura è anche correzione; ad esempio il software quando corregge è perché legge (e scrive).
La correzione automatica rientra nella fenomenologia generale del controllo, che è caratteristica della strumentazione software dell’informatica. Essa deve tenere conto, in linea generale, dei lapsus di scrittura. In relazione, molto, con il fenomeno della stanchezza e della ripetibilità della medesima azione.
Considerando come almeno tendenzialmente l’errore scritturale corrisponda con il lapsus della parola: ad esempio la inversione consonantica (che è da considerare il sintomo più debole e controllabile).
Ci si attiene per questo alla osservazione e rilevazione di frequenza del fenomeno dell’errore.
Nascono così files in formato di tabella - e comunque batches - di correzione.


26-bis.- Quelle di correzione automatica esulano dal regime d’interattività - per come almeno abbiamo dichiarato di volerla prendere in considerazione - con l’operatore-user.
Ma se ne possono compilare anche di interattive, le quali chiedano conferma in chiave di scelta all’utente prima di attuare la volontà inscritta nel comando.
Tali sono quelle di word per windows, le quali possono avere a loro volta una o due fasi in più, rispetto a quelle automatiche. Fasi che si manifestano in box di dialogo con posizione di quesiti ulteriori (come accade nel mondo del personal computing), oppure in beep di avvertimento-allarme e richiesta di conferma, come accade in programmi o mondi in cui l’interfaccia non presenta i vantaggi della grafica computerizzata.


27.- A proposito della ripetibilità della scrittura come ripetibilità generale si può dire che una base di dati con riferimento alla fase dell’input, mette in luce un principio: che  una banca-dati sono più banche e meglio più basi di dati. E qui si ripresenta con i suoi significati e implicazioni il rapporto posto centralmente da Derrida: fra testo e frammento. Che cosa è un testo; ma qui il testo è un che di attivo, in un certo modo.
Siffatto profilo, per evidenziarsi soprattutto con riguardo al lavoro dell’operatore di input, riveste particolare importanza con riferimento alla affidabilità e alla capacità delle banche componenti di supportare il lavoro dell’input. Consultazione, verifica, inserimento dei dati.
Dunque che una banca-dati sia più banche o basi di dati significa che essa è in ogni momento scomponibile per sua natura in più banche. Laddove scrittura sono questo o quel complesso di data, utilizzabile qui e là. È confermata una regola che sembra inossidabile: scrittura sono dati minimi sviluppabili, con elaborazioni variamente utilizzabili o applicabili.



[1] Nel dibattito sulla tecnologia elettronica della comunicazione è stata riproposta la distinzione fra teoria strumentale e teoria sostanziale (cfr. A. FeenbergCritical Theory of Technology: 1991)
[2] M. McLuhanGli strumenti del comunicare, trad. it. di Undestranding Media, Milano 1995, pp. 16 e s.
[3] J. DerridaFirma evento contesto, trad. it. in Margini della filosofia, Torino 1997, p. 395.
[4] Derridaivi, p. 404.
[5] M. McLuhanGli strumenti del comunicare, p.  99.
[6] DerridaFirma evento contesto, p. 404.
[7]M. McLuhanLa galassia Gutenberg. Nascita dell’uomo tipografico, trad. it., Roma 1995, pp. 222 e s. e Id.Dall’occhio all’orecchio, trad. it., Roma 1986, p. 37.
[8] L’espressione è di M. HeideggerOltrepassamento della metafisica, trad. it. in Saggi e discorsi, pp. 47 e s. Cfr. anche La fine della filosofia e il compito del pensierotrad. it. in Tempo ed essere, pp. 175 e s.  
[9] HeideggerLa questione della tecnica, trad. it. in Id., Saggi e discorsi (a cura di G. Vattimo), Milano 1991, pp. 12 e s. 

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