Denis Diderot |
Il
"sistema"
Nella Promemade
du sceptique, di Diderot [1], scritto dell’irriverenza reso in forma dialogata e allegorica,
il "saggio" Cleobulo, che vive da tempo nella quiete di una sua
piccola proprietà - "une petit terre qui lui reste des débris d'une
fortune assez considerable", il suo désert; ma egli è il
suo parco, la sua campagna; che è volutamente libera, senza un
"giardiniere" -, narra ad Aristo, suo ospite, di un suo sogno, di una sua
“passeggiata” attraverso tre “viali”: “delle spine”, “dei castagni” e “dei
fiori”.
Se Aristo
è invitato a riconoscersi in uno di essi, se cioè il racconto è presentato in
chiave di enigma, questo ci riconduce al fatto che i simbolici “viali” - primo
generale segno della dialetticità del reale - sono un modo di classificare la
natura umana, in relazione ai fatti della religione e della politica. E sono
ambienti, significativi, che dicono dei diversi modi di vivere e di pensare.
Ma perché
- anche - mi domando, i viali? La narrazione avviene mentre i due camminano nel
parco: alle volte accade che si abbia in noi desiderio di camminare, non
essendo, questo, altro che il bisogno di pensare, di avere, per sé stessi, uno
"schiarimento"; ottenere per la ragione un guadagno; e al di sopra di
tutto un piacere. Camminare, in fondo, fa "bene", se è in noi
stessi che si vuole camminare: camminare è pensare.