Il
telegrafo, per sua natura, trasforma profondamente l’idea di scrittura e meglio
tanto la sconvolge quanto non fa sospettare alcuna trasformazione. Esso
storicamente s’insinua nella scrittura, rispetto alla stampa, come qualcosa che
è più-che-scrittura; o che comunque non sembra avere nulla a che fare con essa.
La
proposizione, la scrittura, da una parte sono lettere stampate, dall’altra sono
notizia, che va subito data, che deve accedere al più presto al sociale, che è quello che essa ritrae, in modo diretto. Venendo per così dire a
ridimensionarsi per questo secondo aspetto della cosa l’idea o l’immagine del
tempo come tempo cristallizzato in una pagina scritta o stampata, o in lettere
dell’alfabeto. E cioè ridimensionandosi il tempo lineare laddove potesse mutare
il tipo di scrittura per la sua destinazione, in base cioè allo scopo; e ciò
avvenisse a favore di un tempo vivo di scrittura. Ciò che accade col telegrafo
è che il tempo è azzerato ed espanso, tenuto quasi in stand-by nello stesso gesto.